di Roberto Quartarone
L’intervento incide solo sul diritto penale. Emerge la necessità della cooperazione interdisciplinare. La Legge 119/2013 è stata pubblicata nella Guri: tolleranza zero alla violenza
PALERMO – Il significato della nuova legislazione contro la violenza di genere va oltre l’inasprimento delle sanzioni: da martedì in Italia sono entrate in vigore le nuove norme contro la violenza di genere. Il Governo e il Parlamento hanno intrapreso la linea della deterrenza per limitare il fenomeno che ha il suo culmine nel femminicidio e che negli ultimi anni è stato riconosciuto come un problema da affrontare.
Con la pubblicazione in Gazzetta ufficiale il testo della L. 119/2013 , la conversione del Dl anti-Femminicidio (il 93/2013), la violenza contro mogli, partner e donne incinte sarà punita molto più aspramente. Chi è scoperto in flagranza di reato viene allontanato urgentemente dalla casa della partner e non potrà avvicinarsi nemmeno ai luoghi che lei frequenta. Una denuncia per stalking, altro fenomeno che ha una grande risonanza mediatica, darà avvio anche alle intercettazioni telefoniche e le querele non potranno essere più revocate in caso di minacce gravi; anche l’introduzione del braccialetto elettronico per gli stalker è una possibilità introdotta dalla legge.
Per quanto riguarda le vittime della violenza di genere, potranno accedere al gratuito patrocinio ed essere accolte dalla rete delle case-rifugio, potenziando le forme di assistenza e sostegno anche attraverso l’incremento del Fondo per le politiche relative ai diritti e alle pari opportunità di 10 milioni di euro per il 2013 (una novità, perché nel dl era previsto un piano a costo zero). Anche le donne straniere sono tutelate: il questore potrà rilasciare un permesso di soggiorno speciale. La tutela dei dati personali, infine, sarà fondamentale per difendere nella prima fase chi denuncia.
Malgrado le dichiarazioni trionfalistiche dei politici, la nuova legge suscita qualche perplessità agli addetti ai lavori. “Sono stati introdotti – spiega al QdS l’avvocato Loredana Piazza, presidente del centro antiviolenza Thamaia di Catania – degli strumenti molto utili per le donne. Ad esempio, l’avviso alla donna dell’applicazione della misura cautelare e il concetto della violenza assistita per la tutela dei minori. Ma l’intervento è unilaterale, incide solo per il diritto penale e queste misure sono insufficienti per combattere il fenomeno, perché l’intervento dev’essere interdisciplinare, duraturo, organico e stabile tra tutti gli enti che entrano a contatto con la donna. Ad esempio, le querele vengono revocate perché c’è paura, mancanza di aiuti, insicurezze e intempestività. Con la legge stiamo impedendo un’autodeterminazione che può anche salvare la vita della donna”.
Ma non si stanno introducendo delle misure proprio per evitare questo problema?
“Sono previste, ma sono situazioni lasciate alla discrezionalità di forze dell’ordine e magistratura. Sarebbe un sistema troppo coercitivo se si applicasse a ogni persona che denuncia senza un riscontro. Il problema è intervenire con un intervento legislativo pensato, non un decreto d’urgenza. La repressione non serve a nulla”.
“Sono previste, ma sono situazioni lasciate alla discrezionalità di forze dell’ordine e magistratura. Sarebbe un sistema troppo coercitivo se si applicasse a ogni persona che denuncia senza un riscontro. Il problema è intervenire con un intervento legislativo pensato, non un decreto d’urgenza. La repressione non serve a nulla”.
Sono stati stanziati 10 milioni di euro per quest’anno. Sono sufficienti?
“Bisogna vedere come li distribuiranno, se li danno tutti in pubblicità abbiamo finito. Bisogna investire in misure integrate, nella formazione degli operatori, nella protezione della donna, nei centri antiviolenza”.
“Bisogna vedere come li distribuiranno, se li danno tutti in pubblicità abbiamo finito. Bisogna investire in misure integrate, nella formazione degli operatori, nella protezione della donna, nei centri antiviolenza”.
Lr 2/12 lettera morta. In Sicilia i Centri antiviolenza ignorati dalla Regione
PALERMO – “Se non spendiamo nell’educazione, nelle scuole, nella cultura, se non combattiamo il fenomeno culturalmente qualsiasi strumento andrà vanificato”. Per Loredana Piazza, presidentessa del centro antiviolenza Thamaia, questi sono degli interventi contro la violenza di genere. In Sicilia, negli ultimi anni, i centri antiviolenza di Messina (Cedav), Palermo (Le onde) e, appunto, Catania hanno lavorato in sinergia su questi temi, rinforzando la loro rete e coinvolgendo nuove realtà.
Alle loro spalle c’è l’associazione Dire, che a livello nazionale gestisce il numero telefonico unico 1522 per aiutare le vittime di violenza di genere. In Sicilia, lo scorso anno, si era anche pensato a una legge per sostenere questi centri. “Sì – conferma Piazza –, ma la Lr. 3/2012 è rimasta sulla carta. Si riuniscono a scadenze più o meno precise dei tavoli tecnici, da cui non esce nulla di concreto. Non abbiamo visto i fondi stanziati, malgrado siano state elaborate le linee guida per i bandi che devono essere emanati dai Comuni. È tutto fermo alla Regione”.
Alle loro spalle c’è l’associazione Dire, che a livello nazionale gestisce il numero telefonico unico 1522 per aiutare le vittime di violenza di genere. In Sicilia, lo scorso anno, si era anche pensato a una legge per sostenere questi centri. “Sì – conferma Piazza –, ma la Lr. 3/2012 è rimasta sulla carta. Si riuniscono a scadenze più o meno precise dei tavoli tecnici, da cui non esce nulla di concreto. Non abbiamo visto i fondi stanziati, malgrado siano state elaborate le linee guida per i bandi che devono essere emanati dai Comuni. È tutto fermo alla Regione”.
QdS – Articolo pubblicato il 19 ottobre 2013