Avvertiamo tutte con assoluta chiarezza la morsa di un attacco subdolo e feroce alla nostra autodeterminazione e all’inviolabilità dei nostri corpi.
La rappresentazione ufficiale magnifica la parità raggiunta, le contraddizioni risolte, la presenza nelle istituzioni, la libertà sessuale, la maternità come scelta. Invece noi rischiamo la vita e la perdiamo con impressionante frequenza nelle relazioni con uomini violenti, dentro e fuori le nostre case e sperimentiamo la discriminazione nell’accesso e nella permanenza sul mercato del lavoro, l’inferiorità di salari e pensioni, il lavoro di cura iniquamente distribuito, non visto, non valorizzato né riconosciuto.
I diritti conquistati con lunghe e durissime lotte sono a repentaglio, tutti. La legge 194 che garantisce l’aborto libero, gratuito e sicuro è disattesa, svuotata, trasgredita in quasi tutto il nostro paese. Le legge che punisce la violenza sessuale come grave reato contro la persona è troppe volte calpestata nei commissariati e nei tribunali mettendoci sotto accusa al posto degli stupratori e degli assassini.
Nella consapevolezza generale non è passato il fatto che la violenza maschile – quella espressa dall’uomo qualunque che sfrutta, picchia, perseguita, stupra, uccide – fa emergere un dato strutturale e pervasivo della società, e non è il frutto della follia ma di un sistema. La rappresentazione della violenza affidata agli “esperti”, criminologi, avvocati, psicoterapeuti assicura una lettura opposta e neutra, che prescinde dall’analisi femminista, quella stessa che sostiene il metodo dei Centri antiviolenza, nati dal movimento delle donne.
Siamo davanti a un tentativo di svalutazione della storia, delle esperienze e delle pratiche del femminismo. Non per caso i Centri sono sempre più in difficoltà, e chiudono in molte città. L’intento, diventato palese con la pubblicazione del Piano Nazionale Antiviolenza, ora si concretizza con l’azzeramento delle condizioni di sostenibilità. Le misure di questo Governo contro la violenza, al di là della occasionale, temporanea, estemporanea indignazione per i femminicidi, sono frammentate, scarsamente finanziate e improntate a emergenza, sicurezza, ordine pubblico. In alternativa a questo si mira ad istituzionalizzare i Centri antiviolenza, svuotandoli di senso, azzerandone metodo specifico e dimensione politica.
La complessità, l’ampiezza la gravità della violenza esercitata sulle donne è arrivata a un punto tale che i fondamenti della cittadinanza e dei diritti umani sono messi in discussione e violati. Mentre lottiamo per noi stesse sappiamo bene che il fronte è grande quanto il mondo: perché con immenso dolore e indignazione vediamo le nostre sorelle, donne come noi, con figli come i nostri, che affogano nel Mediterraneo cercando scampo dalla guerra, dalla dittatura, dal fondamentalismo e dal terrorismo. Quelle che arrivano vive, sovente, sono sopravvissute a prigione, torture, stupri, schiavitù sessuale, abusi di ogni genere. Nell’ipotesi migliore trovano centri di accoglienza e di transito invece di case tranquille e di cure, si scontrano con controlli e polizia invece di incontrare l’azione sapiente e familiare di altre donne che saprebbero come aiutare e sostenere.
Per questo, per tutto questo, dobbiamo costruire un nuovo modo di stare al mondo creando e rafforzando alleanze, conquistando nuovi spazi pubblici e politici. E’ il momento buono per ascoltare le nostre diverse anime e riconoscerle come una ricchezza.
Per questo proponiamo a tutte un incontro nazionale a Roma, una assemblea di tutte le donne – di quante vogliono cambiare per creare condizioni di vita diverse e approcci che rispettino il vivere insieme -nella quale darci nuove prospettive, intervenire sulla scena politica e culturale, nella consapevolezza che siamo noi donne il “soggetto imprevisto” della storia. Con la nostra competenza e esperienza, noi possiamo rigenerare e cambiare radicalmente l’intera struttura delle sfere di potere democratico.
D.i.Re – Donne in rete contro la violenza
Roma, 7 luglio 2016