Ci siamo.
Gli effetti deleteri del Decreto Sicurezza cominciano a vedersi in questi giorni, e le donne incinte o con bimbi nati da stupri buttate letteralmente in mezzo a una strada smascherano definitivamente quell’apparente schierarsi al fianco delle donne con provvedimenti roboanti quanto elusivi tipo il Codice rosso, che di fatto interviene su misure già ampiamente previste dal Codice ma disapplicate nei fatti, e non tocca invece il meccanismo della rivittimizzazione secondaria che rende i processi una nuova violenza per le donne che hanno osato denunciare.
Anziché far funzionare le misure esistenti, costruite anche di concerto con le organizzazioni che da anni lavorano sulla violenza contro le donne, e semmai migliorarle nei punti critici che tali organizzazioni hanno evidenziato, si fa un’operazione di maquillage a beneficio esclusivo di propaganda elettorale.
Nel contempo si interviene – qui sì, concretamente – rendendo la vita di tutti e in particolare quella delle donne un inferno che non rispetta nemmeno i più basilari diritti umani, per non parlare dei principi costituzionali.
Un’Italia fatta di cittadini/e di serie A – nati/e da genitori italiani e possibilmente esclusivamente bianchi – e cittadini/e di serie B, la cui cittadinanza acquisita è un requisito condizionato e privo delle garanzie e tutele che uno stato deve a ogni essere umano residente sul proprio territorio.
Residente, appunto.
Ma da qualche giorno chi arriva nel nostro paese come richiedente asilo non ha più il diritto e la possibilità di avere un indirizzo di residenza, nemmeno presso le strutture di accoglienza. Decine di migliaia di persone, uomini, donne, spesso con i loro bambini/e, a cui viene riconosciuto un solo diritto: quello di chiedere asilo. Ma che dovrebbero essere invisibili e disincarnati, così da non “pesare” in alcun modo sul sistema Italia.
Questa misura inclusa nel Decreto Sicurezza è gravissima nei confronti di tutti, in particolare delle donne richiedenti asilo, spesso vittime di tratta, che nei centri antiviolenza hanno finora trovato un sostegno concreto per dare una svolta alla propria vita.
Non resteremo in silenzio di fronte a tutto questo.
Ci opporremo al tentativo di riportare le donne a una funzione ancillare, domestica e subordinata al potere maschile.
Ci opporremo a una ideologia fascista che si insinua in tutti i provvedimenti di questo governo a cominciare dalle misure volte a privare di risorse le organizzazioni del terzo settore per ridurne la capacità di azione e di critica.
Ci opporremo a un approccio securitario e di controllo sociale imposto a colpi di teaser e porto d’armi agevolato, dimenticando che le donne sono le prime vittime delle armi da fuoco quando queste entrano in casa.
La marea che ha attraversato le strade di Roma il 24 novembre, le migliaia di persone in piazza il 10 novembre per dire un sonoro NO al disegno di legge Pillon, sono solo i primi passi di una mobilitazione che, come ribadito insieme al movimento Non una di meno, sarà permanente.
D.i.Re ci sarà sempre. E non siamo sole. Anzi. Siamo una marea crescente e decisa a difendere i valori e principi iscritti nella Costituzione e vilmente calpestati da questo governo.