La notizia dell’ultima strage familiare avvenuta a Paternò, nel nostro contesto territoriale, lascia ancora una volta attoniti e sconvolti.
Siamo di nuovo a fare i conti con la cultura patriarcale che permea i nostri vissuti, imponendo un sistema di potere maschile che concede all’uomo di decidere sulla vita e sulla morte della moglie e dei figli.
A distanza di due giorni dall’orrore non possiamo avere risposte, forse non le avremo mai. Appaiono superflui i commenti, vacue le parole, sovrabbondanti le ipotesi.
Troppo presto per conoscere le reali motivazioni che hanno determinato l’uomo, il padre, il marito a portare a termine il suo disegno letale. Troppo tardi per sapere, per intervenire, per aiutare. Rimane la vicinanza e il rispetto per il dolore delle famiglie che hanno subito tali perdite.
Siamo sempre in tempo però a tenere accese le coscienze.
Nonostante lo sgomento è necessario credere che simili tragedie non siano ineluttabili. E’ indispensabile continuare ad asserire l’esigenza di una mutamento di rotta, di uno scarto culturale, di una diversa relazione all’interno della coppia, che scardini la sperequazione di potere, proponendo un modello paritario, equilibrato, che non consenta ad alcuno di ergersi a giudice ed arbitro di vita e di morte, trasformandosi in crudele assassino.
Il padre che uccide credendo di proteggere, o il compagno che uccide per vendetta: fenomeni simili, medesima scaturigine che fonda le sue radici nella cultura patriarcale.
L’unico antidoto efficace risiede nello sforzo quotidiano del cambio di passo, nella prevenzione all’interno delle scuole per raccontare un nuovo sistema di relazioni, nella formazione degli operatori e delle operatrici per intercettare precocemente i segnali della deriva, nella sensibilizzazione rivolta a chiunque possa essere agente di cambiamento, singolo, gruppo, privato o istituzione.
E’ la testimonianza del nostro lavoro di ogni giorno, per noi l’unica strada possibile.
Centro Antiviolenza Thamaia,
Catania, 12.12.2018